Nascosti ai margini degli altopiani o sepolti nei cupi recessi delle caverne, i fiori sbocciano lontano dagli sguardi, in attesa di diffondere la propria fragranza.
Creare profumi significa creare immaginari. Sviluppare mondi della fantasia che nascono nella nostra mente, attraverso il nostro naso. Una sensazione così chiara che anche un autore di videogiochi ha saputo interpretare e raccontare con un medium insolito. Stiamo parlando di Hidetaka Miyazaki, il più famoso e celebrato sviluppatore di videogiochi contemporaneo, padre di un genere a sé, il soulslike, dove l’inesorabile scritta a caratteri cubitali “SEI MORTO” compare un’infinità di volte, molte più della media. Questo filone è divenuto famoso per la complessità della narrazione, spesso oscura e deducibile solo attraverso la lettura della descrizione degli oggetti, per la cupezza tanto dell’ambiente quanto dei personaggi, e per la difficoltà di gameplay. Arricchisce il tutto una mappa vasta e complessa dove dietro
ogni angolo può nascondersi uno scrigno o qualche fiore misterioso da raccogliere.
Si creano così storie dove il profumo del ciliegio è la chiave per le porte del paradiso, come in Sekiro (2019). O dove il “ramo profumato
del passato” ha il potere di liberare i personaggi dalla pietrificazione, come in Dark Souls 2 (2014). Fiori che ti abbandonano all’oblio come quello di Trina in Elden Ring, descritto come “una ninfea color viola pallido” che fa pensare agli psicotropi fiori di loto delle leggende omeriche. È proprio del mondo di Elden Ring che vogliamo parlare in questo articolo.
L’articolo completo è disponibile sulla nostra rivista cartacea.
→ Informazioni per abbonarsi