La nostra storia inizia da un bicchiere di latte. Ma come? Non si parla di vino in questo libro? Certo che sì, ma come ogni bella storia l’inizio è alquanto inaspettato. Siamo nella stazione di Digione insieme all’allora studente Luigi Moio, autore di questo studio olfattivo nel mondo del vino. La sua tesi di dottorato, nell’ormai lontano 1991, aveva come protagonista l’aroma del latte di vacca, di pecora, di capra e di bufala. Chi avrebbe potuto immaginare che, proprio grazie a questo viaggio in Francia, la sua passione si sarebbe spostata dal latte al vino. Una cena con una coppia francese fu la miccia che accese la curiosità dell’oggi Professore ordinario di Enologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II e presidente dell’Organizzazione Internazionale del Vino e della Vigna.
Nel libro Il respiro del vino, edito da Mondadori (2016), il professore ci rende partecipi della sua avventura di ricerca e delle sue esperienze sul campo introducendoci alla chimica di ogni singola goccia di vino. L’autore si sofferma sulle caratteristiche olfattive e chimiche delle singole uve, molte delle quali prive in partenza di peculiari caratteristiche olfattive. L’aroma che si sprigiona nel bicchiere e nel palato,è infatti dovuto in gran parte al processo di lavorazione della materia prima, e quindi dal sapiente intervento umano. Conoscere il vino dal punto di vista chimico significa avere un maggior controllo sulla qualità della produzione vitivinicola, come lo stesso Luigi Moio ha dimostrato portando all’eccellenza alcuni vini del sud Italia, come Taurasi e Falerno, ancora poco valorizzati. Pagina dopo pagina verrete inebriati dal mondo invisibile delle molecole e dagli stimoli sensoriali che un calice può inviarci non solo con il suo profumo e il suo aroma, ma anche attraverso il colore, la consistenza e persino il suono. Una lettura impegnativa e piuttosto tecnica, consigliata a chi ha serie intenzioni di intraprendere un viaggio olfattivo sfaccettato e ricco di sorprese com’è il mondo del vino.