L’idea di scrivere il Manuale della Grande Profumeria Italiana si è presentata nel 2018, mentre preparavo una lezione all’Istituto Italiano di Cultura di Madrid. La poetessa Laura Pugno, che dirige l’Istituto, mi aveva contattata per offrire ad un gruppo di studenti di lingua e cultura italiana uno spunto per comprendere l’essenza del profumo italiano.

“Esiste qualcosa capace di distinguerlo dai profumi prodotti negli altri paesi? E se la risposta è si, di cosa si tratta? Ha senso parlare di italianità in profumeria?” mi aveva chiesto. Studiare per quella lezione mi lasciò perplessa. Possiedo decine di libri sulla profumeria, tutti focalizzati su fragranze francesi: i profumi italiani vengono citati solo sporadicamente. Dapprima ho pensato che si trattasse di una mia mancanza, e ho iniziato a cercare pubblicazioni dedicate esclusivamente alla profumeria italiana, non trovandone traccia.

Poi capii che, in effetti, non c’erano libri che raccontassero la nostra storia olfattiva.
Eppure l’Italia ha prodotto un numero consistente di capolavori che non hanno nulla da invidiare alle produzioni francesi o americane, e un giro sui siti specializzati nella vendita di fragranze vintage rende chiaro come molti siano tuttora ricercatissimi. Allora mi sono chiesta: perché della profumeria italiana si parla così poco?

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