Un racconto tra realtà e finzione – parte V –

Man mano che proseguivo nel racconto, avevo la sensazione che le mie membra assumessero un peso a cui non ero più abituato. Ad ogni minimo movimento avvertivo la resistenza dell’aria, come se fosse più densa del normale. Ma era soprattutto la percezione della gravità a crearmi disagio. Tutto pesava a tal punto che non ebbi più nemmeno la forza di reggere la boccetta di profumo che tenevo tra le mani. La consegnai alla ragazza che vi accostò il naso per annusare ancora una volta il contenuto. Poi si alzò in piedi e la appoggiò su un tavolino malamente intagliato dalle tarme. Da quella posizione, si guardò intorno come per cercare qualcosa. La luce delle candele era fioca e certi angoli remoti del salone restavano avvolti nel buio. Per questa ragione tutti i mobili si trovavano al centro della sala o meglio, tutti tranne uno. La libreria doveva per forza stare addossata a una parete e la ragazza l’aveva scorta nella penombra.

Già mentre le raccontavo le mie memorie avevo notato il suo sguardo volgersi di tanto in tanto in quella direzione e mi era parso che avesse anche strizzato gli occhi per sbirciare attraverso le sue ante in vetro. Perciò non fui sorpreso quando mi chiese di poter curiosare tra ciò che rimaneva dei nostri libri. Le suggerii di portare con sé il candelabro, dato che non c’erano altre fonti luminose nella sala. La osservai per qualche minuto contemplare i dorsi sbriciolati dei libri e soffiare via la polvere dai volumi prima di aprirli. Ma dopo un po’, avvolto da quel silenzio e da quella oscurità, finii per appisolarmi. Sognavo di essere nella mia casa di sempre, circondato dalle cose di sempre, eppure svuotato dal fuoco che mi aveva sempre tenuto in vita. Ero solo un guscio di pelle e ossa, tenuto insieme dai ricordi…

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