Un racconto tra realtà e finzione

Non trascorsero dieci anni dal giorno in cui registrai la mia invenzione alla Commissione Sanità, che il morbo asiatico seminò il terrore in Europa, arrivando anche nei dintorni di Bologna. Lo Stato Pontificio corse ai ripari imponendo un durissimo cordone sanitario che ci isolò da ogni commercio e relazione con l’esterno. Era ancora possibile comunicare con chi era fuori dalle mura, ma la corrispondenza veniva intercettata e purificata attraverso disgustosi suffumigi a base di acido solforico. Il lezzo di zolfo aleggiava ovunque ricordandoci che da un momento all’altro avremmo potuto cadere sotto l’assedio di un avversario nascosto nell’aria che respiravamo.

Molto presto fummo esasperati da quarantene e isolamento. Non solo gli affari ne risentivano, ma anche l’equilibrio mentale di noi bolognesi era compromesso, dato che il sospetto regnava ovunque: nel cibo che portavamo a tavola, nell’acqua da bere, nella stretta di mano del vicino, nel tenue bacio di un parente e persino in un abbraccio di conforto durante un funerale. Così, non appena il morbo iniziò a rallentare la sua avanzata, lo Stato Pontificio decise di eliminare il cordone sanitario che avrebbe dovuto proteggerci, per evitare che il malcontento si riversasse sulla già vacillante stabilità del governo. Finalmente la vita ricominciò a scorrere come prima, malgrado tutti sapessimo che il pericolo non era affatto scampato…

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In copertina: Etichetta profumo Opoponax della Ditta Pietro Bortolotti, epoca Belle Epoque