Tra sentori di zolfo, di rose rosse e di timo arde il fuoco che fonde, plasma e trasfigura

Il fuoco è un elemento attivo e trasformativo che emana su di noi fascino e timore. La sua fiamma rappresenta la vita, innescata da una scintilla d’ardore, ma anche la morte e la distruzione di ogni cosa. Il potere dell’elemento igneo è così grande da rendere speciali coloro che ne hanno padronanza e cura, come i sacerdoti e le sacerdotesse custodi del fuoco sacro. Ma anche i fabbri capaci di forgiare metalli e,
naturalmente, gli alchimisti i cui alambicchi confinano con le fonderie, se non fisicamente, almeno concettualmente. Nell’alchimia il fuoco è un principio maschile-attivo che si contrappone a quello femminile-ricettivo espresso dall’acqua. Nella ricerca di sintesi e armonie di opposti tipica di questa disciplina esoterica, gli adepti riuscirono a ottenere uno spirito che rappresentava un perfetto connubio tra questi due elementi. Era l’alcol etilico, detto acqua vitae perché dall’unione tra maschile e femminile scaturisce la vita. Un’acqua trasparente dal gusto bruciante che si infiamma con niente. Un liquore ardente, prodotto per distillazione, capace a sua volta di estrarre dalle piante la loro essenza vitale. Questo spirito divenne poco a poco la base di ogni fragranza, a partire da quella famosa Acqua della Regina d’Ungheria che alla fine del Trecento inaugurò la profumeria alcolica. All’effetto riscaldante, stimolante, antisettico dell’alcol si deve parte del successo delle prime fragranze moderne. Tra queste, l’Acqua di Colonia che conteneva anche l’essenza dei frutti solari per eccellenza: gli agrumi.

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