Da soffio vitale a elemento ineffabile dell’abitare, l’aria è oggi incubatrice di inquietudini sociali celebrate dietro un’overdose di profumi.
«Per alcune immaginazioni materiali, l’aria è prima di tutto il supporto degli odori», scrive il filosofo Gaston Bachelard nella sua Psicanalisi dell’aria. L’intreccio che lega a doppio filo l’aria al senso olfattivo assume caratteri specifici e più o meno espliciti a seconda della prospettiva in cui tale rapporto s’inscrive, mostrando comunque una certa continuità nello spazio e nel tempo. La relazione psicologica con l’aria trova la sua fonte nell’imprescindibile radicamento aereo che caratterizza la condizione umana. Si tratta di un radicamento senza eccezioni, ma anche in un certo senso paradossalmente controintuitivo giacché, come si vede, l’immagine della radice rimanda piuttosto alla dimensione ctonia del sottosuolo, alla terra come carne e madre che genera e offre supporto stabile.
Però, nell’esperienza del bambino, la madre è innanzitutto il suo aroma, che si offre intrecciato ai tratti emotivi della sua personalità e al nutrimento che gli dona. L’aria, al contrario della terra, è l’elemento impalpabile per eccellenza; diafana, la sua presenza è discreta ma ubiqua. Essa è il medium fluido in cui tutto percola. Molte pagine sono state scritte sulla centralità del visibile e del solido in seno al paradigma scientifico e filosofico moderno occidentale. Non stupisce difatti che la dimensione aerea, al pari di quella olfattiva, vi abbia ricoperto un ruolo a lungo marginale ma tuttavia fiutabile sottotraccia…
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