Alla scoperta di Marrakech e dei suoi caratteristici profumi tra suggestione e realtà

L’aria è pulita a Marrakech il venerdì mattina. L’odore impregnante e pervasivo dello scappamento dei motocicli che dominava le strade durante la settimana è stato portato via dalla notte. Il nauseante e poco appetitoso sentore animalico, urinico, un po’ fecale che aleggiava nei vicoli della medina sembra essersi dissolto insieme agli innumerevoli gatti randagi. È il yawm al-jum, il giorno consacrato alla preghiera. Per le vie deserte si respira il sentore argilloso e leggermente acido della calce dei muri scaldati dal sole, la dolcezza pungente della polvere del suolo mista a terra e sabbia. Da qualche portone socchiuso spuntano le maioliche colorate e un po’ consunte degli interni delle case e ci raggiunge il buon profumo di tajin di pollo con scorza di limone candita. Di pesante legno intagliato e con la mano di Fatima come battente, i portoni della medina sono l’accesso al privato delle dimore, alle ombre e tradizioni familiari, al rito dell’accoglienza con il lavaggio delle mani con acqua di fico seguito dal té alla menta. I portoni aprono ai segreti delle donne per la miscela sapiente di spezie per tajin gustosissime, capelli profumati all’argan e pelle idratata all’acqua di rosa. Via di fuga dall’accaldato trambusto della strada, dai venditori incalzanti, dalle suppliche dei mendicanti, accolgono nella frescura e nel silenzio delle case, nella pace dei cortili.

Qui, tra le fronde degli alberi da frutto, si diffonde nel blu del cielo il canto degli uccelli, mentre da un braciere si spande dolce e mistico il profumo dell’incenso o del legno di cedro portati dalle montagne. Nel silenzio del venerdì, la medina inizia a svelarsi come una donna pudica che, sentendosi al riparo da sguardi indiscreti, lascia cadere alcuni dei suoi veli avvolgenti, rivelando il proprio fascino nascosto…

L’articolo completo è disponibile sulla nostra rivista cartacea.
→ Informazioni per abbonarsi