Padre d’amore padre di fango
“Nascevo in una notte autunnale, serena e quasi tiepida in un appartamento in Via Canal (…) Poco lontano, un campo da calcio e l’odore di erba tagliata invadeva periodicamente le stanze. Si dice che l’erba quando viene tagliata lanci un segnale di avvertimento alle altre erbe della stessa specie, emanando un caratteristico odore pungente. È come se l’erba piangesse.”
Fu con questo iniziale brano tratto dall’opera autobiografica “Padre d’amore padre di fango” che Cinzia Pietribiasi mi propose di prendere parte al suo progetto: ricreare un’evocazione olfattiva di erba appena falciata. Era il primo odore che l’autrice richiamava alla memoria per veicolare nel presente certe vecchie emozioni legate a quei momenti e riviverne il tratto di vita ivi racchiusa. Tutto il decennio ’80 e i primi anni ’90 si raccontano qui e oggi, con la sensibilità dell’adulto, attraverso l’esperienza di un’infanzia funestata dalla tossicodipendenza del padre e le drammatiche conseguenze nella vita di tutti i giorni: abbandono, discriminazione, spostamenti, traslochi. Ogni casa nuova è scena di nuove difficoltà da affrontare, e gli odori di quei luoghi ne marchiano indelebili il ricordo: dopo l’erba tagliata, di odori, ne verranno altri.
La capacità di uno stimolo olfattivo di agire come una macchina del tempo permettendoci di stimolare immagini e sentire emozioni anche apparentemente dimenticate, è oggetto di numerosi studi in campo scientifico, ed è indubbiamente affascinante l’osservazione dei complessi meccanismi d’azione governati dall’olfatto, atti a lasciare volare la mente e il cuore in un arco spazio temporale così infinitamente trasversale. Cosciente di questo, l’idea dell’autrice mi ha posto quindi di fronte ad una sfida coinvolgente ma non semplice.
Si trattava di ricreare l’atmosfera olfattiva di tre appartamenti ove l’artista aveva vissuto con i nonni.
Lo strumento di lavoro in mano a colui che crea fragranze, il cosiddetto organum, è composto da una palette di sostanze odorose, in parte di origine naturale e in parte sintetiche, che il profumiere diluisce, miscela, pesa e soppesa, per cercare di approssimarsi quanto più possibile all’idea che egli ha in testa, o il più delle volte, nella testa del committente. Il gioco di trasduzione dell’immagine di riferimento da perseguire è tutta in mano alle capacità scientifico-artistiche del “naso”, che conosce la natura di ciascuna materia prima e ne prevede il comportamento quando essa interagisce con altre sostanze, in condizioni in cui uno più uno quasi mai fa due: al pari di un pittore che mescola due o più colori, si ottengono sfumature inedite e inaspettate, che sembrano prendere vita propria e suggeriscono nuove visioni, creano immagini, riagganciano i ricordi. È una partita tanto coinvolgente quanto sfuggevole, al punto da divenire a volte frustrante.
Tornando al caso della nostra erba tagliata, il compito era risultato relativamente semplice perché per fortuna esistono sostanze che, anche prese singolarmente, sono in grado di trasmettere quel tipo di impressione, e dopo poche prove, un risultato soddisfacente era stato raggiunto. Per i quattro odori successivi, invece, gli abbinamenti richiesti erano assai più complessi.
Si trattava di ricreare l’atmosfera olfattiva di tre appartamenti ove l’artista aveva vissuto con i nonni, e, infine, la macelleria di famiglia. La prima difficoltà di questi mélange era rappresentata dalla necessità di assemblare nella stessa boccetta più odori contemporaneamente.
Prendiamo ad esempio, l’appartamento di Via Milano a Schio: odore di vecchio, di chiuso, naftalina e talco, quattro diverse suggestioni riunite in un unico ricordo.
L’odore di carta da parati nella casa di Piazzale Catalani è stato raggiunto sfruttando l’olio essenziale di betulla bianca.
Come per chiunque, anche la memoria dell’autrice tende a sintetizzare, o semplificare, raggruppando quei remoti stimoli olfattivi nello stesso sottofondo odoroso, quando, più verosimilmente, erano stati percepiti in casa singolarmente nei diversi momenti di quelle giornate.
Ho cercato quindi di calibrare un accordo “talco” a base di iononi, vanillina, eliotropina e cumarina avvicinandolo ad un estratto naturale di betulla dolce (Betula lenta) particolarmente canforato, che ricordasse un vecchio armadio.
Lo stesso discorso è valso per la casa di Via XXV Aprile, con un gioco di accordi “vino”, fumo di sigaretta, mentre per gli odori di cibo mi sono affidato ad alcune molecole piraziniche: note di pane tostato, di buccia di tuberi, e così via. L’odore di carta da parati nella casa di Piazzale Catalani è stato raggiunto invece sfruttando l’olio essenziale di betulla bianca, che in alta diluizione può rimandare ad un’impressione di vecchie carte, o una biblioteca. Alcune molecole di sintesi regalavano toni di legno asciutto, seguite da un leggero apporto vanillinico dolciastro ed eliotropina dai riflessi appena mandorlati per concludere l’insieme. Si era creato così un ensemble che assomigliava alla carta, la sua colla dolce con sottotono di diluente, piuttosto vicina all’idea descrittami da Cinzia Pietribiasi.
L’ultima sfida, la più complessa, era sicuramente la ricostruzione olfattiva della macelleria: suggestioni di sangue e grasso, di metallo e piastrelle, freddezza materica, si pensi ai coltelli e ai piani di marmo. È risultato l’abbinamento più ostico, che ha richiesto un maggior numero di aggiustamenti. Ho sfruttato l’apporto “lipidico” di alcuni lattoni, note burrose, poi ancora certe aldeidi ”fredde”, metalliche, indolo e civet replacer per sporcare un po’ l’insieme. Il cedro dell’Atlante è stato aggiunto qui per via del suo colore scuro, profondo, denso, persino animale sotto certi aspetti.
Il primo studio, andato in scena al Zona K di Milano, prevedeva una fruizione uno a uno attraverso cinque “casette olfattive” di cartone che si facevano passare tra il pubblico. Per i prossimi appuntamenti, sarà riproposto il medesimo approccio odoroso nel rispetto delle normative post-Covid per mezzo di mouillette intinte prima nella sostanza odorosa e poi distribuite singolarmente ai presenti, che potranno portare quindi a casa, dentro apposite bustine di carta, un ricordo tangibile e profondo dell’esperienza immersiva appena vissuta.
PADRE D’AMORE PADRE DI FANGO
Spettacolo intimo e delicato, tra narrazione e multimedialità. Immagini della memoria, odori di case, eventi storici, per un attraversamento autobiografico che si tramuta in atto d’amore. Selezione L’Italia dei Visionari 2020/Kilowatt Festival.
PROSSIME DATE:
6 agosto ore 21.30
Anfiteatro Palazzo Toaldi Capra – Schio (VI)
🌧 in caso di maltempo: Lanificio Conte.
INFO E PRENOTAZIONI
Tel. 3391956467
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Spettacolo all’aperto con distanziamento dei posti a sedere come previsto dalle norme anti-contagio.
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